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Parchi e Ambiente

I parchi e l'ambiente

Il primo concreto segnale dell'emergere, ancora in una fase precoce e pre-ecologica, di una diversa sensibilità ambientale, si è storicamente avuto proprio nel settore delle aree protette. Tali aree, che nel seguito chiameremo, pur con qualche semplificazione, anche "parchi", sono intese come quei territori, sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, nei quali si presenta un patrimonio naturale e culturale di valore rilevante.

Risale al 1872 la creazione, negli Stati Uniti d'America, del primo parco nazionale del mondo, quello di Yellowstone. Per l'innanzi provvedimenti di protezione di territori, di animali selvatici, o di foreste, non si erano avuti nel mondo che per ragioni religiose (i "boschi sacri" degli antichi romani), politico-economiche (tutela di foreste per sfruttamento commerciale o militare), o di egoistica tutela di privilegi personali (riserve reali e nobiliari di caccia).

Il messaggio di Yellowstone introdusse invece un elemento storicamente del tutto nuovo. Per la prima volta l'opera dell'uomo si applicava, anziché a distruggere, modificare o asservire a sé quella della natura, a regolamentare, reprimere o perfino escludere se stessa perché l'opera della natura potesse continuare. In altre parole, per la prima volta l'uomo si attivava positivamente per la conservazione, e non per la distruzione, di un territorio vasto e selvaggio, con tutti gli elementi naturali (paesaggi, flora, fauna, singolarità geologiche, equilibri ecologici) in esso contenuti, dimostrando così l'emergere di una preoccupazione nuova, del tutto assente per il passato ma ora evidentemente necessitata dal grado di sviluppo della società umana. A secoli e millenni di rapporto conflittuale con la natura, vista tradizionalmente come forza negativa da vincere e dominare, si veniva ora a sostituire un rapporto di tipo nuovo, basato non più sulla competizione con l'ambiente ma sulla conservazione, quantomeno, di alcune sue parti, a garanzia del soddisfacimento di altri e nuovi bisogni e del mantenimento delle radici naturali e psicologiche della stessa storia umana sulla Terra. Più ancora, a garanzia del soddisfacimento dei bisogni delle generazioni future ("for the benefit and enjoyment of future generations").

Vale la pena di soffermarsi un attimo a considerare come tale semplice e pur rivoluzionario concetto non sia affatto emerso, come pur sembrerebbe che ci si sarebbe dovuti aspettare, nella vecchia Europa antropizzata e sovrappopolata, dove la natura si trovava cioè già ridotta ai minimi termini da millenni di presenza umana invasiva e priva di remore, bensì, paradossalmente, in un continente di recente scoperta e di non ancor compiuta conquista: quello nordamericano, appunto, dove proprio in quegli anni l'avanzare dell'esplorazione del West apriva alla recente nazione americana orizzonti nuovi e sconfinati, risorse apparentemente illimitate, paesaggi selvaggi spettacolari e bellissimi, ma difficili e ostili. Si tratta però di un paradosso solo apparente, giacché le idee nuove nascono spesso proprio all'interno di società giovani, aperte alle novità, capaci di guardare lontano. Ed ecco che l'idea, semplice ma rivoluzionaria, di creare un parco nazionale "for the benefit and enjoyment of future generations", nasce proprio davanti alle grandiose cascate del fiume della Pietra Gialla (Yellowstone), a tutela dei vasti paesaggi, degli strani fenomeni naturali (geysers), delle grandi foreste, e della fauna abbondante, di quegli stessi territori che quei lungimiranti pionieri andavano ancora geograficamente esplorando.

All'intuizione di quei pionieri americani l'umanità di oggi deve certamente la grande eredità del moderno messaggio della conservazione della natura. Lo spirito di Yellowstone, per buona fortuna, si è infatti presto allargato al pianeta tutto. Ad oltre un secolo di distanza, con la Terra ormai tutta esplorata (e resa più piccola e tutta raggiungibile dai nuovi mezzi di trasporto e di comunicazione), con una umanità cresciuta numericamente di almeno sei volte nel solo ultimo secolo, e con il frenetico sviluppo assunto dalla civiltà contemporanea, occorre riconoscere che senza lo "spirito di Yellowstone", senza le aree protette che a quel primo parco nazionale hanno poi fatto seguito un po' dovunque, ben poco resterebbe oggi di quella Natura che, all'epoca, appunto, poteva sembrare invece sconfinata e inesauribile.

Oggi che la biodiversità del pianeta comincia ad essere avvertita come una fondamentale ricchezza dell'umanità tutta, una ricchezza che l'uomo continua però ad erodere e ridurre ogni giorno di più in un processo di progressiva e generale banalizzazione ambientale e di evidente degrado, la rete di aree protette che è stata creata nel mondo appare sempre più come una fortunata garanzia che, se solo volessimo, qualcosa potrà salvarsi. La creazione di parchi e riserve naturali potrà anche sembrare una soluzione non sufficiente ai problemi del pianeta, anzi di fatto è certamente così. Ma se fare i parchi, salvare ciò che resta della natura, può forse non essere sufficiente, è tuttavia certamente necessario e anzi indispensabile. Tutto sarà vano, e programmare un nostro futuro sulla Terra sarà addirittura impossibile, se non sapremo almeno creare un sistema di aree protette là dove la natura ancora sopravvive incontaminata o quasi.

Al di là di tutto questo, le grandi aree protette hanno comunque ormai assunto, soprattutto in paesi fortemente popolati e antropizzati come il nostro, anche e soprattutto un cospicuo valore economico, quantitativamente misurabile e legittimamente sfruttabile. Come insegna infatti una ben nota "legge" dell'economia classica, qualsiasi cosa, quanto più è scarsa, tanto più assume e accresce il proprio valore economico. Quanto più la natura è ridotta ai minimi termini, tanto più quel che ne resta assume dunque un valore economicamente sfruttabile. Del resto, non a caso, quasi per una sorta di compensazione storica fortunata, le grandi aree naturali rimaste in un paese coincidono in genere proprio con quelle storicamente più svantaggiate, restate ai margini o al di fuori della storia e dello sviluppo economico: le aree marginali, la montagna, le isole, le zone rurali, le cui popolazioni spesso non si rendono neppur conto di ritrovarsi oggi tra le mani un bene che è divenuto altrove ormai raro, e dunque prezioso - la natura appunto. Chi vive nelle città, e ha ormai perduto qualsiasi legame, anche psicologico, con la natura stessa, è oggi disposto a ben pagare per potere, saltuariamente almeno, ripristinare quel contatto, godere di quei paesaggi, ricrearsi fisicamente e psicologicamente.

L'attuale sviluppo della nostra società ci ha ormai già portati a questo punto. Molto spesso, creare e ben gestire un'area protetta costituisce oggi, oltreché un dovere storico e un bisogno generale (entrambi non eludibili), anche un ottimo affare per le economie locali.

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